Italiavotiva.it è un progetto voluto dalla Parrocchia di S. Giovanni Battista di Quarto (GE) per dare alla comunità, essendo la pittura votiva un campo ancora in larga parte ignorato, l’opportunità di conoscere una materia con tante valenze religiose, sociali, civili, economiche e storiche.
Partendo da una banca dati fornita dal Centro di Studi Storici per l’Alta Valle Scrivia, ampliata successivamente dal professore Giovanni Meriana, si sono poste le basi per creare un punto di raccolta degli ex voto italiani.
PGR
per grazia ricevuta
l’arte dimenticata degli ex voto
Trascurata dagli storici dell’arte in quanto considerata capitolo dell’antropologia culturale, privo di interesse artistico; snobbata dai ceti borghesi in quanto definita dai marxisti “rivincita (?) delle classi subalterne”; assimilata a torto alla pittura naif, in quanto il pittore di ex voto agisce senza regole pittoriche perché le ignora, mentre l’artista naif sa benissimo dove vuole arrivare, la pittura votiva comincia finalmente a uscire allo scoperto e a imporsi all’attenzione per i caratteri di semplicità espressiva e genuinità di contenuti che propone.
Le tavolette votive, che derivano il nome dal fatto che i pittori attivi nell’ambito dei santuari le realizzavano per ragioni di economia su scarti di legno recuperati presso i bancalari, sono le forme più antiche di ex voto, almeno tra i cristiani, mentre nel mondo pagano statuette di terracotta raffiguranti figure umane o parti del corpo, venivano poste dai fedeli nei santuari e finivano in fosse quanto diventava difficile ospitarle tutte.
Per i cristiani rendere grazie a Dio o alla Madonna con un dono tangibile, in cui sia raffigurato l’oggetto del voto, per una grazia ricevuta, ha origini bibliche (che altro non è il sacrificio di Noè, dopo il diluvio, se non un rendimento di grazie?) e prosegue dai primi tempi dell’era cristiana fino ai nostri giorni.
Tra gli ex voto, quelli dipinti hanno maggiore interesse, infatti oltre che documento di religiosità, sono testimonianza di vita. In Liguria, terra aspra e spesso ingrata, sia che vi si pratichi l’agricoltura, sia la pesca lungo le coste, i dipinti votivi offrono una gamma vastissima di spunti di studio e riflessione sul paesaggio, lo spazio abitato, le insidie della natura, il lavoro dei campi, l’andar per mare, la malattia, gli incidenti sul lavoro, le catastrofi metereologiche, il banditismo, i pericoli corsi dai bambini, gli uomini in guerra. Attraverso i dipinti votivi si possono leggere la storia del paesaggio abitato, l’economia delle famiglie, la ricorrenza di epidemie, i disastri della guerra, la storia dell’andar per mare e, nell’Ottocento, l’affermarsi dei velieri che hanno fatto la fortuna di Camogli e della cantieristica navale, la vita e rischi dei carrettieri, l’iconografia della Vergine e dei Santi.
L’ex voto era strettamente collegato in antico al pellegrinaggio al santuario. Il devoto che aveva ricevuto la grazie appendeva la sua tavoletta sotto l’immagine della Vergine per rendere grazie, ma anche perché il fatto fosse esemplare per altri fedeli e incrementasse la devozione. Certi santuari, come la Madonna della Costa a San Remo erano così ridondanti di ex voto che nel ‘600, testimonia un autore locale “alcuni semplici per crassa insensatezza ne abbruciarono molti”.
La pittura votiva, molto spesso anonima e realizzata da pittori improvvisati, attivi presso i luoghi di culto, si avvale di alcuni stilemi quasi sempre ricorrenti: la mancanza di prospettiva, l’uso di colori puri, cioè non mescolati, la presenza in alto, dell’icona mariana e sovente le lettere V.F.G.A. e P.G.R. che indicano la motivazione del dono. Solo quando la marineria ligure conosce la sua massima espansione e Camogli diventa la “città dai mille velieri”, l’armatore non si accontenta più di pittori generici per testimoniare la sua gratitudine alla Vergine, ma chiede l’opera di professionisti, che quasi sempre firmano: sono Domenico Gavarrone, Angelo Arpe, la famiglia dei Roux attiva nel porto di Marsiglia e altri. L’ex voto diventa anche la rappresentazione dello status simbol dell’armatore che ordina all’esecutore veri e propri ritratti delle sue barche ed esige sia raccontata in calce, nei dettagli, la storia del naufragio, con le coordinate geografiche, il braccio di mare dove la nave ha subito il fortunale, il carico, la composizione e il comportamento dell’equipaggio. E tale è la preoccupazione di lasciare traccia di sé e delle proprie attività sul mare che l’immagine venerata si riduce a una piccolissima icona in alto sul quadro, quando addirittura non diventa un punto luminoso o scompare.
Raramente i votanti si rivolgono a pittori colti. E’ conosciuto l’ex voto della sacrestia della Madonna del Carmine a Genova di Domenico Piola, eseguito in occasione della pestilenza che flagellò Genova. Ai piedi della Madonna sorretta da Angeli si vedono figure di appestati. In quel luogo sorgerà l’albergo dei Poveri voluto da Emanuele Brignole. Due olii su tela attribuiti ad Andrea Ansaldo si trovano in Santa Maria di Castello, il complesso domenicano che ha ordinato da poco la cospicua dotazione di tavolette votive, (tra le più antiche della Liguria) inserendola nel museo.
Con Santa Maria di Castello si è cominciato a mettere ordine nella materia e a renderla visibile, così nel santuario del Boschetto di Camogli, dove si trovano ex voto marinari; nel santuario di Megli, le tavolette rese leggibili da un ottimo restauro, sono appese su pannelli in chiesa; alla Madonna dell’Orto a Chiavari, sono esposti nell’annesso Museo Diocesano; nel santuario della Madonna delle Tre Fontane presso Montoggio, esiste un museo esemplare per la disposizione degli ex voto e la loro leggibilità; così alla Madonna della Misericordia di Savona e al santuario del Deserto di Millesimo, che raccoglie quasi esclusivamente quadri di Carlo Leone Gallo, forse l’ultimo pittore di ex voto, allievo all’Accademia Albertina e morto in povertà nel 1960.
Trai più antichi ex voto conosciuti della regione ligure sono quello del Ragozzeo, una placca d’argento datata 1574, murata nella base dell’altare del santuario di Montallegro che raffigura un veliero. Questa testimonianza ha una storia singolare. La leggenda di fondazione racconta che la Madonna apparendo a un contadino gli indicò un’icona raffigurante il transito della Vergine, con le tre persone della Trinità sdoppiate in una unica figura e l’invito a venerarlo. Capitò che il veliero del capitano De Allegretti, proveniente da Ragusa (odierna Dubrovnic), si salvasse dal naufragio nelle acque di Monterosso e il capitano facesse cesellare l’ex voto e lo portasse nel santuario di Montallegro immediatamente visibile dalla linea del mare. Vide sopra l’altare l’icona dipinta e la riconobbe come opera trafugata dal duomo di Ragusa e ne chiese la restituzione. La questione fu rimessa al Senato di Genova che diede ragione al Raguseo decidendo la restiutuzione dell’icona. Misteriosamente, però, il quadretto fu ritrovato a Montallegro e lì il Senato decise che restasse. Ex voto dipinti ad affresco databili alla fine del Quattrocento si trovano nella chiesa di San Bernardino di Triora, nel Santuario di Montegrazie a Imperia. Qui l’autore è Gabriele della Cella e l’affresco su una mezza colonna è datato 1498: rappresenta in due momenti successivi un vascello sul mare in tempesta: una volta a salvare l’equipaggio è la Madonna di Montegrazie, la seconda volta è Sant’Erasmo, patrono dei marinai, che compare in alto con una candela in mano e i paramenti vescovili. Ex voto del tutto particolare è la Cappelletta di Mareta in Valbrevenna. Qui il votante, certo Pasqualino ha voluto nel 1573 un piccolo edificio in onore del suo patrono san Giacomo e nel 1576 ha chiamato un pittore itinerante, forse del Piemonte, ad affrescarlo. La cappella è un piccolo gioiello di semplicità e di aderenza agli stilemi tre-quattrocenteschi della pittura tradizionale, segno dell’attardamento delle culture nei paesi spersi in mezzo ai monti. Sullo sfondo sono raffigurati la Madonna col Bimbo in braccio, tra i Santi Giovanni Battista e Giacomo, nella lunetta la scena dell’Annunciazione, nella volta il Padreterno. Un cartiglio sotto l’angelo annunziante, oggi quasi del tutto illeggibile, raccontava la storia.