IL SANTUARIO DI N.S. DELLA VITTORIA, ANTON VAN DYCK E GIACOMO LOMELLINI
Si dice che la pittura votiva sia il modo di esprimersi dei semplici. Su questa base ha dato vita ad uno stile presente in tutti i santuari. Di tanto in tanto, però, capita di imbattersi in un capolavoro di autore celebre che ha lasciato un segno soprattutto nella grande pittura, come la grande pala della Madonna del Rosario di Palermo, dipinta da Anton Van Dyck, tra il 1622 e il 1627 per l’oratorio di san Domenico. Con l’ex voto che pubblichiamo siamo di nuovo a Van Dick che realizza a Genova il capolavoro “La Famiglia del Doge Giacomo Lomellini” (1570-1652), in carica dal 16 giugno 1625 al 25 giugno 1627.
Erano tempi difficili per la Repubblica. Il Duca di Savoia Carlo Emanuele I aveva accampato il suo esercito, forte di 10,000 uomini, tra i quali molti ugonotti francesi, al passo del Pertuso in valle Scrivia con l’intenzione di invadere il Genovesato ed aprirsi la strada verso il mare. La tradizione racconta la vittoria di Genova e la nascita, col patrocinio del Senato, del Santuario della Vittoria, edificato quale ex voto per la grazia ricevuta della Vittoria. Ma Giacomo Lomellini, per la grazia della Vittoria commissionò a Van Dyck il ritratto della famiglia del Doge, capolavoro di stile e di finezza psicologica. Il doge rinuncia a farsi ritrarre a capo della famiglia per evitare possibili accuse di regalismo, delegando a rappresentarlo il figlio anziano Nicolò che nel quadro appare come il protettore della madre Violante Pinelli, mentre sulla scena irrompe in armatura il secondo figlio Gio Francesco, cui il pittore assegna il compito di difesa della seconda moglie del padre, Barbara Spinola e dei fratellastri ancora piccoli, Agostino e Vittoria.
Il quadro ora si trova presso la National Gallery of Scotland di Edimburgo, dopo essere stato acquistato da Luigi Lomellini (1805-1884), che lo ebbe in eredità dal padre Agostino Lomellini, nel 1830 da Andrew Wilson per la Royal Institution.
Il doge Giacomo Lomellini avrà un altro compito difficile nell’impegno di reggere la Repubblica; quello di dotarla di una nuova cerchia di mura lungo il perimetro di monti, visto che i pericoli non vengono solo dal mare.
Giovanni Meriana e Aldo Cafferata
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